«La gioia di pensare», arte quotidiana contro gli orrori in famiglia
25 Febbraio 2017
Regalatevi non più di mezz’ora e gustate questa intensa intervista a Vittorino Andreoli, realizzata dalla brava Monica Mondo per la trasmissione Soul di Tv2000.
Il famoso psichiatra e scrittore ragiona ad ampio raggio: stigmatizza la regressione della nostra civiltà, che privilegia potere e pulsioni; spiega la centralità delle relazioni, il perché sono scomparsi i “padri”, come nascono frustrazioni e fragilità; intreccia la pazienza dell’educazione e la necessità dell’umanità. Una sapiente agenda quotidiana – di cui Andreoli parla nel suo ultimo volume «La gioia di pensare. Elogio di un’arte dimenticata» (Rizzoli, 2017) – di cui oggi bisognerebbe riappropriarsi in famiglia.
È tra le mura di casa che, pur con la nostra indole, veniamo formati o de-formati, soffriamo, diventiamo uomini e donne oppure, e sovente sempre di più, si pongono le terribili premesse perché gli adulti di domani restino dei bambini non cresciuti.
Ho curato qualche anno fa un libro insieme a Vittorino Andreoli («L’oppio dei popoli. Quando la religione narcotizza le coscienze», Piemme, 2009), che si trova ancora qua e là sul Web e che è stata per me un’occasione preziosissima di incontro con un uomo di grande profondità di pensiero. «La fragilità – mi diceva il professore – è una dimensione a me molto cara. Non è una medicina per sanare i gravi disturbi della società, delle sue tragedie; è invece una caratteristica positiva a cui si legano grandi espressioni sociali, possibili all’uomo e all’umanità nel suo insieme. La fragilità è dentro il mistero e il mistero impedisce che si affermi e s’imponga la verità, poiché sulla verità si fanno le guerre. Persino sulla verità degli dei». Quanto è vero. E quanto le relazioni bene coltivate (non perfette, perché nessuno lo è) in famiglia sono un ingrediente fondamentale per evitare errori e orrori educativi.