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Economia civile: ho aderito al manifesto per una rinascita diversa

23 Giugno 2024

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Economia civile: ho aderito al manifesto per una rinascita diversa. Se ne è parlato nei giorni scorsi a Perugia, a un incontro che ha messo insieme oltre duecento tra docenti, ricercatori, imprenditori e studenti. A tirare le fila il gruppo di lavoro che da anni anima il Festival dell’Economia civile di Firenze – la cui sesta edizione è in programma dal 3 al 6 ottobre prossimi – e i dieci accademici italiani, guidati da Leonardo Becchetti, primi firmatari del documento. Ne ha parlato in modo approfondito e chiaro Marco Ferrando su Avvenire.

Economia civile: ho aderito al manifesto per una rinascita diversa.

Lo sguardo diverso (il paradigma) proprio dell’economia civile, il contrario dell’economia politica occidentale alle prese con il suo fallimento. L’homo oeconomicus – come è stato definito dalle teorie classiche – è colui che si fa gli affari suoi, con l’idea di massimizzare il profitto, considerando gli altri nemici, lupi da cui difendersi, perché il suo presupposto antropologico è appunto homo homini lupus. Con l’illusione che un mercato ricco possa poi mettere a posto tutto. Invece, ed è la situazione di oggi, questo approccio sta creando sempre più diseguaglianze: tra ricchi e poveri, tra nord e sud del pianeta. Non solo. In questo sguardo, fondamentalmente egoista, mancano i beni comuni e i beni relazionali. Non ci s’interessa dell’ambiente, per esempio, che si può sfruttare fino a distruggerlo irreparabilmente. Famiglia e fiducia, altro esempio, sono beni relazionali e vanno considerati, perché da questi dipende la felicità, non l’utilità.

L’economia civile è made in Italy. L’espressione comparve per la prima volta nel nel 1753, quando l’Università di Napoli istituì la prima cattedra al mondo di economia, affidandone l’insegnamento ad Antonio Genovesi, la cui opera principale, datata 1765, s’intitolava «Lezioni di economia civile». Il suo presupposto antropologico era homo homini natura amicus. Non nega il mercato, ma lo vede come luogo di coopetion. Il fine dell’economia civile non è il bene totale, ma il bene comune, frutto di crescita, sì, ma anche di beni relazionali e valori spirituali in senso ampio, cioè lo sviluppo integrale dell’uomo. Un rovesciamento di prospettiva che si sta riscoprendo, per fortuna.

Il manifesto ha cinque pilastri

Potete informarvi meglio cliccando qui. Ci tornerò, cercando di vedere tutte le opportunità di applicazioni concrete.