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Unioni civili e Ddl Cirinnà, il confronto non va confessionalizzato

7 Gennaio 2016

Avvilenti le barricate quando si parla di #famiglia. E in Italia siamo sempre pronti a fare fuoco e fiamme sull’argomento, complice storica la vicinanza fisica del Vaticano. Tema sensibile, certo. Ma più probabilmente c’è un deficit di dibattito democratico; non ne siamo proprio capaci, facciamocene una ragione. Si dovrebbe discutere, anche animatamente, per poi scegliere e decidere a maggioranza, senza trucchi.

Almeno, contro ogni ideologizzazione, proviamo a documentarci. Molto efficace la soluzione basic ma completa di Massimo Russo che su La Stampa propone quel che c’è da sapere sulle unioni civili e Ddl Cirinnà in 25 punti. Sguardi diversi dalle colonne Web de l’Espresso, in cui Luca Sappino dice che torna “la questione cattolica”, anche se c’è chi invita al dialogo con i laici (Luigi La Spina, sempre su La Stampa di oggi). Bisognerebbe compiere un passo in avanti, perché il confronto su stepchild adoption e unioni civili non va confessionalizzato o ridotto solo alla contrapposizione tra cattolici (peraltro un universo estremamente variegato) e laici. Chiara, ma venga almeno letta, la posizione di Avvenire (con i suoi abbondanti dossier online) e del suo direttore Marco Tarquinio: «I figli non sono bandiere da conquistare».

Un punto cruciale mi pare questo e ne sono convinto: i figli non sono un diritto, tantomeno un capriccio. E su questo fa bene il vaticanista Andrea @Tornielli a incalzare il cardinale Menichelli, certo uomo di Papa Francesco, sulla questione:  «Chiesa retrograda? – risponde – Perché si preoccupa dei più deboli e dei più indifesi, cioè dei bambini?».

In questi giorni assisteremo a un sussulto di maturità o cadremo nei soliti, abbruttenti, siparietti?