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Le sorprese di Papa Francesco sul lettino dello psichiatra Dacquino

12 Maggio 2018

Papa Francesco sul lettino dello psichiatra. Jorge Mario Bergoglio, già all’età di 42 anni, per sei mesi ogni settimana, aveva incontrato una psicoanalista. La notizia è emersa nel 2017, dopo la pubblicazione di una serie di dialoghi tra lui e il sociologo Dominique Wolton («Politique et société», edizioni L’Observatoire). La vicenda mi è tornata in mente durante una conversazione al Salone del libro di Torino con l’attempato ma sempre lucido Giacomo Dacquino. Prolifico saggista, è autore di «Psicologia di Papa Francesco. Il pensiero di uno psichiatra-psicoanalista» (Elledici). Oltre trecento pagine in cui il sessuologo mette sotto analisi il successore di Pietro.

Il ritratto di Papa Francesco sul lettino dello psichiatra

Ne emerge un buon ritratto (il volume è stato pubblicato alla fine dello scorso anno), ma i salesiani hanno corso un certo rischio. Si erano accordati prima con Dacquino, che aveva minacciato senza mezzi termini: «Se viene fuori che il Papa ha una personalità disturbata o, peggio, che è pedofilo, lo scrivo, chiaro?». Pericolo scongiurato per gli amici della Elledici e bruciante disappunto dei detrattori compulsivi di Francesco. Dodici capitoli, bibliografia imponente, capitoli interessanti. Nulla di nuovo dal fronte pontificio, specie in tema di omosessualità e transessualità. Il Papa è aperto, ma contrario alla teoria del gender. Insomma, un profilo evidente e atteso dell’uomo Bergoglio: sobrio, schivo, socievole, umile, semplice (ma non per questo poco profondo), amichevole e persino “salesiano” nello spirito.

Francesco Antonioli dialoga con lo psichiatra Giacomo Dacquino al Salone del libro di Torino 2018Ciò che mi ha colpito maggiormente – nella lettura del volume e nel dialogo con Dacquino – è il capitolo sulla “religiosità malata”. Lì vengono individuate le patologie clericali che maggiormente affliggono Santa Romana Chiesa. Gustose quanto drammaticamente vere e reali, ahinoi. Eccole:

  • sentirsi immortale o indispensabile;
  • eccesso di operosità;
  • impietrimento mentale e spirituale;
  • eccesso di pianificazione;
  • mancanza di coordinamento;
  • Alzheimer spirituale;
  • rivalità e vanagloria;
  • schizofrenia esistenziale;
  • chiacchiere e pettegolezzi;
  • divinizzare i capi;
  • indifferenza verso gli altri;
  • faccia funerea;
  • l’accumulare;
  • i circoli chiusi;
  • profitto mondano;
  • esibizionismi.

Insomma, un pozzo degli orrori che non è ignoto. Questi disturbi – in un volume che è coraggioso per più motivi – vengono indicati molto chiaramente come i nemici oscuri che Papa Francesco sa bene di dover combattere. A partire dalla Curia romana.

Patologie clericali e dipendenza nevrotica

Intendiamoci. La Chiesa è come una tovaglia bianca (ci sono uomini, donne ed esperienze straordinarie), ma le macchie esistono eccome ed è bene esserne consapevoli anziché negarle. Dacquino, per esempio, spiega bene che una delle «motivazioni immature della fede è la dipendenza nevrotica, che fa sì che il soggetto sia attratto dalla religione e dalla Chiesa come guida, cioè da “Madre Chiesa” che decide tutto». Qualsiasi istituzione, incalza, «necessita, per sopravvivere, di sudditi dipendenti; anche la religione istituzionalizzata ne ha bisogno e alcuni suoi ministri favoriscono ancora la cultura della dipendenza considerandola meritoria, mentre certe immaturità vanno curate». Non solo: «Il bisogno immaturo di fede è motivato anche da una insicurezza nevrotica, cioè da disistima e auto sfiducia, per cui l’attaccamento a un Credo serve a sedare un’ansia da incertezza psichica».

Un manuale di «coaching per leader aziendali»

Scorrendo le pagine e stuzzicando Giacomo Dacquino mi sono convinto che il libro, in realtà, più che un ragionamento su Papa Bergoglio è uno straordinario e pungente manuale di «coaching per leader aziendali». Ovvero – in questo caso, ma sono tutto tranne che blasfemo – una guida per preti, vescovi, laici (responsabili a vario titolo nella comunità ecclesiale) dovrebbero informarsi a fondo sulle «psicopatie religiose»: perché se le conosci le eviti, ma soprattutto eviti di rovinare gli altri.

Oggi, in tanti campi, il problema è dato dalla dipendenza (a partire dal Web). Ma la «religiosità dipendente – tuona Dacquino – è caratteristica di quell’adulto instabile e insicuro la cui fede non si fonda su concezioni e valutazioni personali, ma sull’autorità (genitori, insegnanti, ministri di culto). Come il bambino, l’immaturo religioso fugge ogni scelta, si nutre del pensiero altrui e continua ad accettare senza riserve e con piena fiducia quanto ha ricevuto, aderendo convenzionalmente a una dottrina. Infatti la religiosità dipendente è tipica di chi ha difficoltà ad assumere responsabilità, quindi ha bisogno e non desiderio. Per cui finisce nella dipendenza».

Quanta immaturità c’è nella Chiesa di oggi che non riesce a comunicare nulla agli abitanti del villaggio globale?

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