Omosessuali in ritiro spirituale: una lettura diversa del caso
5 Febbraio 2018
La notizia è questa e sta creando un putiferio: la diocesi di Torino ha organizzato un ritiro spirituale per ragionare sulla fedeltà nell’amore omosessuale. Era in programma a fine febbraio, ma è già stato annullato. Giusto? Sbagliato? Secondo me è opportuno aprire il fronte, ma non desidero parlarne qui. Perché, come sempre, si sono subito sciolte le cateratte ideologiche. C’è chi mi chiede se sia vero oppure una fake. Chi si avvolge nei rosari. Chi lancia strali di qua e di là. Chi approva, chi no. C’è anche una irritante nota santuffiziesca firmata da Costanza Miriano, giornalista immacolata, pura e limpida depositaria della vera fede cattolica che sbava di livore dal suo blog iperortodosso e sottomesso. Io dico: ragioniamone pure, di preti, ma con un altro stile e non con questo approccio da spocchiosi crociati contro il sacerdote promotore dell’iniziativa, il teologo Gian Luca Carrega. Sennò, davvero, meglio lo scisma, che tanto – ormai – non è neppure così sommerso. Serenamente, ognuno per la sua strada e piantiamola di guardarci in cagnesco. Poi – una volta dall’altra parte – capiremo finalmente su che cosa verremo giudicati.
Il grumo da sciogliere
Detto questo – e nonostante la tardiva presa di posizione ufficiale della chiesa subalpina (*) – mi pare che la questione sia un’altra. E cioè: come affronta la diocesi di Torino l’omosessualità all’interno del suo clero? Il problema non è da poco e l’arcivescovo Cesare Nosiglia e i suoi più stretti collaboratori in Curia lo sanno molto bene. Perché è uno dei temi dove la Chiesa oggi (non soltanto a Torino, intendiamoci) è più compromessa e dove sconta maggiormente una ipocrisia secolare. Se un sacerdote è in crisi, decide di lasciare l’abito, oppure s’innamora e mette incinta una donna, viene allontanato (o gli si propone di sparire per non recare scandalo). Come annientarlo in una colata di cemento, purché sparisca dai radar. Se un prete è omosessuale (praticante), invece, viene tollerato e spesso si chiude un occhio, se non due, quando tutti ne sono a conoscenza. Anzi, sebbene tutti ne siano a conoscenza. E continua nel suo ministero. Perché? Come mai? Esiste davvero una lobby clericale di preti e di vescovi che agisce in questa direzione?
I linguaggi da cambiare
Non ho nulla contro gli omosessuali. Alcuni miei amici lo sono, li trovo cari e simpatici. Ma questa falsità no, non la sopporto più. Specie se accade in Santa Romana Chiesa, condannata a sparire se non cambia rotta. E in fretta. Oppure, ma non mi sembra questo il caso, il ritiro spirituale per le coppie gay è una intelligente operazione mediatica (visto che sotto la Mole c’è ora anche un master con cui imparare a comunicare evangelicamente) per distrarre la comunità cattolica di Torino dai suoi veri problemi? Sicuramente, penso sia opportuno sottolinearlo, la comunicazione della Chiesa (di certo quella di Torino) non può più essere gestita con uno stile (di approccio al mondo, intendo) vecchio di almeno quarant’anni. Che, alla lunga, fa danni e crea solo sofferenze.
PER DOCUMENTARSI
Per farvi una idea: cliccando qui trovate la caritatevole letterina di madre Costanza Miriano; cliccando qui, invece, trovate l’articolo de La Stampa e di Vatican Insider che hanno raccontato dell’iniziativa; e, ancora, cliccando qui, l’intervista di Vatican Insider a don Robert Gahl, professore di Etica fondamentale alla Facoltà di Filosofia dell’Università Santa Croce, ateneo dell’Opus Dei
(*) Infine, a seguire, la nota ufficiale diffusa nel pomeriggio del 5 febbraio 2018 con cui l’arcivescovo Nosiglia annulla l’iniziativa:
DICHIARAZIONE DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO CESARE NOSIGLIA
A proposito di alcuni interventi dei media circa l’impegno pastorale di don Gianluca Carrega, sacerdote della Diocesi di Torino incaricato per la pastorale degli omosessuali, è opportuno precisare alcuni punti.
La Diocesi di Torino ha da diversi anni promosso un servizio pastorale di accompagnamento spirituale, biblico e di preghiera per persone omossessuali credenti che si incontrano con un sacerdote e riflettono insieme, a partire dalla Parola di Dio, sul loro stato di vita e le scelte in materia di sessualità.
È questo un servizio che si è rivelato utile e apprezzato e che corrisponde a quanto l’esortazione apostolica «Amoris Laetitia» di Papa Francesco afferma e invita a compiere: «Desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona indipendentemente dal proprio orientamento sessuale va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. Nei confronti delle famiglie con figli omosessuali è necessario assicurare un rispettoso accompagnamento affinché coloro che manifestano una tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita» (n. 250).
Questo è lo scopo del percorso spirituale di accompagnamento e discernimento proposto in Diocesi. Esso vuole dunque aiutare le persone omosessuali a comprendere e realizzare pienamente il progetto di Dio su ciascuno di loro. Ciò non significa approvare comportamenti o unioni omosessuali che restano per la Chiesa scelte moralmente inaccettabili: perché tali scelte sono lontane dall’esprimere quel progetto di unità fra l’uomo e la donna espresso dalla volontà di Dio Creatore (Gen. 1-2) come donazione reciproca e feconda. Questo però non significa non prendersi cura dei credenti omosessuali e della loro domanda di fede.
Per questo il percorso che la Diocesi ha intrapreso non intende in alcun modo legittimare le unioni civili o addirittura il matrimonio omosessuale su cui la «Amoris Laetitia» precisa chiaramente che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie neppure remote tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia» (n. 251).
Alcune pubblicazioni hanno fornito, in questi giorni, interpretazioni diverse – spesso superficiali, a volte tendenziose – che rendono necessario chiarire le caratteristiche e i limiti del lavoro in questo ambito pastorale. Poiché si tratta di persone in ricerca, che vivono situazioni delicate e anche dolorose, è essenziale che anche l’informazione che viene pubblicata corrisponda alla verità e a una retta comprensione di quanto viene proposto, con spirito di profonda carità evangelica e in fedeltà all’insegnamento della Chiesa in materia.
Per questo ritengo, insieme con don Gianluca Carrega di cui apprezzo l’operato, che sia opportuno sospendere l’iniziativa del ritiro, al fine di effettuare un adeguato discernimento.
+Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino
Torino, 5 febbraio 2018