A proposito di degni, indegni e fede a «chilometri zero»
17 Ottobre 2017
Slow faith, fede a «chilometri zero». Più rassicurante, consanguinea, immobile, granitica, non negoziabile.
Tutto, ma sarà evangelica?
Me lo domando mentre leggo i retti e fedeli osservatori della vera dottrina, in queste ore eccitati alle lacrime. Pare che i vescovi cattolici polacchi – dopo i rosari sul confine per difenderci, croce in pugno, da secolarizzazione, nichilismo e islamismo – abbiano intenzione di esternare un documento in cui si ribadisce l’indegnità dei divorziati risposati ad accostarsi alla comunione. Tutto questo, ovvio, al fine di attaccare il perfido ed eretico Papa regnante, che con la Amoris Laetitia ha avviato il suo malvagio progetto di distruggere Santa Romana Chiesa consegnandola alle forze del male e della confusione. Ah, benedetta inquisizione…
Ripensavo al vangelo che la liturgia ha proposto domenica scorsa.
capitolo 22 di Matteo: è la complessa parabola che ragiona i merito a chi è degno di partecipare al banchetto nuziale. Molto interessante. Per il cuore di Dio i parametri con cui viene definita la dignità sono esattamente l’opposto di ciò che pensiamo noi: tant’è che alle nozze può partecipare solo chi non si ritiene degno. Un capovolgimento totale. E l’unico abito adatto di cui vestirsi è Cristo: nudi, incespicanti, fragili, umani. Tutt’altro che trionfanti, gloriosi e boriosi. Questo è il richiamo al vangelo di Papa Francesco: una catastrofe (nel senso etimologico greco), perché richiede di cambiare il senso di marcia. E mettersi in gioco sul serio piace a pochi.