Con Guccini e Cyrano contro preti falsi e materialisti dal chiodo fisso
12 Maggio 2018
Guccini e il suo Cyrano. Non posso pensare che Francesco Guccini, classe 1940, stia invecchiando o sia affaticato. Sono cresciuto con le sue canzoni, le ho suonate alla chitarra fino a diventare rauco, continuo ad ascoltarle. Nel 2001 aveva accettato di partecipare al volume «La Bibbia dei non credenti» che stavo curando per Piemme. Abbiamo ragionato intorno a «Shòmer mah-millàillah» («Sentinella, a che punto è la notte?»), passaggio di Isaia che ha ispirato una sua canzone. Naturalmente a Pàvana, la paterna Pàvana, sull’Appennino pistoiese, il buen retiro, «perché è l’imprinting, il mio luogo della memoria».
Il 25 aprile 2018 Guccini è andato in piazza San Pietro, insieme a Gianni Morandi e alla diocesi di Bologna, da Papa Francesco. Provocando gli strali di bigotti cattolici («Ecco, un comunista in San Pietro») e vetero-materialisti («Un compagno che sbaglia»). Che squallore ideologico. Siamo una Italia ridicola che sta regredendo.
Francesco Guccini è uomo libero e penso non gli faccia un baffo. Per questo riascolto il suo Cirano, preso dal Cyrano de Bergerac, commedia teatrale del poeta Francese Edmond Rostand pubblicata nel 1897 e ispirata allo scrittore del Seicento Savinien Cyrano de Bergerac. Indignazione e ironia, spiritualità e saggezza, quanto mai attuali di quel “cadetto di Guascogna” dal naso enorme, abilissimo con la spada quanto con la poesia e i giochi di parole, con cui mette in ridicolo i suoi nemici. Che diventano sempre più numerosi grazie al suo carattere poco incline al compromesso e al suo disprezzo verso potenti e prepotenti.
Ecco perché non perdona e tocca.
«Facciamola finita, venite tutti avanti
nuovi protagonisti, politici rampanti,
venite portaborse, ruffiani e mezze calze,
feroci conduttori di trasmissioni false
che avete spesso fatto del qualunquismo un arte,
coraggio liberisti, buttate giù le carte
tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese
in questo benedetto, assurdo bel paese.
Non me ne frega niente se anch’io sono sbagliato,
spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato;
coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!» […]
Poi, la vetta: «Venite gente vuota, facciamola finita,
voi preti che vendete a tutti un’altra vita;
se c’è, come voi dite, un Dio nell’infinito,
guardatevi nel cuore, l’avete già tradito
e voi materialisti, col vostro chiodo fisso,
che Dio è morto e l’ uomo è solo in questo abisso,
le verità cercate per terra, da maiali,
tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali;
tornate a casa nani, levatevi davanti,
per la mia rabbia enorme mi servono giganti.
Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!»