Il laboratorio dell’economia civile per un welfare circolare
6 Novembre 2017
C’è un’altra idea di mercato che potrebbe aiutarci a recuperare il senso del bene comune. Si chiama economia civile. Ha radici lontane e necessità urgenti. Dopo la lunga crisi, che ancora non ha smesso di dispiegare i suoi effetti nefasti, bisogna provare a cambiare “paradigma”, cioè il “modello di riferimento”. Non ha senso che parliamo di industria 4.0 e quant’altro se poi rapporti e relazioni sul lavoro sono orrende e sempre più feroci, se la forbice delle disuguaglianze sociali si allarga sempre di più, se ci stupiamo perché i politici rubano o non sanno stare al mondo quando siamo noi i primi a farlo, con note spese truffaldine o trasformandoci in vipere alle assemblee di condominio o sui social. Insomma, o cambiamo alla radice o andiamo a sbattere contro un muro.
L’economia civile è interessante perché, intanto, si pone come un laboratorio aperto, di idee e di prassi, senza derive ideologiche. È un “lab” critico nei confronti del capitalismo e in particolare del capitalismo dominato da una finanza spavalda. Ha i suoi punti di forza nella persona nella sua interezza (non nell’individuo), con una conseguente impostazione dell’impresa e una grande attenzione ai beni relazionali, ai beni comuni e ai beni di gratuità. Insomma è una modalità per portare in rete tutta la società, mettendola a confronto, con un coinvolgimento corresponsabile e “generativo” da parte di ogni soggetto. Ne consegue anche un modello di welfare civile, basato sul principio di sussidiarietà circolare: sono tutte e tre le sfere della società a doversi far carico del benessere dei suoi cittadini, anche per incanalare e attingere risorse. Se enti pubblici, business community e società civile (associazionismo, ong, …) si adoperassero per questo, quanti vantaggi potremmo avere? Non riusciremmo forse a ridare contenuto e smalto a quel “patto sociale” che è la Costituzione sempre più dimenticata? C’ un universo variegato dietro queste riflessioni, costituito anche da molti imprenditori, che meriterebbe essere conosciuto di più.
Ho trovato una una spiegazione eccellente – anche se talvolta ancora un po’ accademica – nel volume che gli economisti Luigino Bruni e Stefano Zamagni hanno scritto per Il Mulino («L’economia civile. Un’altra idea di mercato», pagine 138, euro 11). Leggetelo. Fatevi una opinione, lasciatevi contagiare. Lo avevo da tempo sul tavolo e non ero mai riuscito a concentrarmi con attenzione. Ne parlo in “Quoziente Familiare” perché penso che la famiglia – proprio perché al centro delle “relazioni” a cui educare gli adulti di domani secondo la prospettiva dell’economia civile – avrebbe bisogno di strumenti adeguati. I genitori di oggi – per mille motivi – sono più impreparati di un tempo ad affrontare la “società liquida”. E i decisori pubblici proprio non sembrano capire le potenzialità, anche economiche, che verrebbero al Paese da un sostegno opportuno, e sistemico, alla famiglia, di qualunque estrazione culturale essa sia. Perché, mi domando, gli attrezzatissimi Bruni e Zamagni (docenti uno alla Lumsa l’altro a Bologna) non pensano a uno specifico contributo sulla famiglia nella chiave dell’economia civile? Sarebbe utilissimo e ce ne sarebbe un gran bisogno.
Post scriptum. Se avete tempo, provate a guardare la puntata di “Benedetta economia” di ieri sera su Tv 2000 in cui Luigino Bruni ha dialogato con l’imprenditore Brunello Cucinelli sull’idea di economia e di impresa. Ingenui? Sognatori? O interpreti di una via possibile e concreta per rimettere un po’ di basi al nostro imbarbarito modo di lavorare?