La sharing economy tra genitori, figli e generazioni
3 Aprile 2017
Sharing economy: ovvero, secondo la definizione, “l’economia condivisa”. Precisano gli esperti: «Si articola soprattutto nella forma del crowdfunding, dei servizi dedicati allo scambio o al noleggio di beni di consumo, dei trasporti: posti auto in città o su lunghe tratte; del turismo: per affittare o scambiare la propria abitazione per brevi periodi tra privati e ora anche delle barche; infine riguarda i servizi alla persona (babysitter o dogsitter, marketplace in cui si scambiano prestazioni di lavoro di breve durata o banche del tempo digitali)». La famiglia, come sempre, può essere una straordinaria palestra per educare su questo fronte. Perché – questa mi pare la chiave – occorre un cambio culturale di prospettiva, non soltanto qualche soluzione provvisoria di fronte alle emergenze da recessione.
Intanto bisogna pur iniziare da qualche parte a cambiare gli stili di vita dopo la lunga crisi. Già i nostri nonni, con la loro saggezza delle economie di scala, insegnavano saggiamente sobrietà e risparmio. L’economia collaborativa, in famiglia, è qualcosa di più e che merita creatività e approfondimenti e riguarda l’utilizzo del denaro: si può partire dall’uso intelligente dell’auto – non solo perché ci sono costi da abbattere -, ma per essere attenti all’ambiente, dal modo in cui si gestiscono gli acquisti (in rete con altre famiglie, pensiamo ai Gas, ai Gruppi di acquisto solidale). Bisognerebbe anche pensare alla gestione della vecchiaia in questi termini, anche per non gravare sui care manager familiari de facto (il figlio o il nipote che deve coordinare la fitta rete di badanti e l’assistenza per genitori sempre più anziani e/o malati). Ragionavo con alcuni amici cinquantenni della mia generazione – bisogna pensarci adesso, non quando è tardi – intorno all’ipotesi di andare a vivere in un “condominio solidale”, piccolo alloggio con privacy garantita, ma vicinanza di persone care e assistenza in comune… Ma i politici del Belpaese, sempre miopi sul fronte della famiglia, non potrebbero studiare qualche azzeccata (e globale) formula di fiscalità che aiuti in questa direzione?
Ce n’è da ragionare, da capire e da fare sul fronte della sharing economy. Perché scrivo su questo tema? Ho avuto modo di pensarci nell’ultimo fine settimana per due motivi. Il primo è l’articolo che ieri il bravo collega Antonio Larizza ha scritto su Nova de Il Sole 24 Ore, una sorta di viaggio tra le città dove l’auto muove l’economia anche quando è in sosta, una interessante finestra sull’evoluzione della mobilità, in particolare a proposito del noleggio breve ispirato alla condivisione tra pari (peer to peer). Il secondo motivo è che sabato, vivendo io a Torino e dovendo raggiungere Milano in auto (con l’abbonamento ferroviario che non vale nel We), ho pensato di iscrivermi a un app che consente di condividere il viaggio (e le spese) con altre persone interessate allo stesso tragitto: un’esperienza interessante e positiva (più facile per un maschietto, di questi tempi), ma che andrebbe incentivata non solo tra i più giovani millennials.