Vai al contenuto Vai al menu

Di chi sono gli occhi dell’antiCristo?

16 Maggio 2020

Di chi sono gli occhi dell’antiCristo? È una domanda che mi sono posto in queste settimane. E non per avere ripreso in mano I fratelli Karamazov di Dostoevskji con il Grande Inquisitore. Mi sto occupando di una inchiesta che mi turba e che m’indigna. È legata ad alcuni sacerdoti di Torino, nel mirino della magistratura per le modalità disinvolte nel procurare vocazioni religiose maschili e femminili. E con una Chiesa che insabbia, fa finta di nulla, nonostante l’attenzione morbosa alla liturgia fatta di pizzi, merletti, talari e latino. Lasciandoli liberi di scorrazzare per mezza Italia, in barba a qualsiasi regola canonica. Ne scrivo su la Repubblica da metà aprile. Adesso ha iniziato opportunamente a occuparsene anche l’agenzia Adista. Queste sono riflessioni personali a margine.

Di chi sono gli occhi dell’antiCristo?

Già, di chi sono gli occhi dell’antiCristo? Joseph Ratzinger, Papa emerito, li individua nel matrimonio omosessuale, nell’aborto, nel relativismo in genere. Non mi ha mai convinto questa prospettiva di Benedetto XVI, che parte dalla presunzione di superiorità del cristianesimo romano come unica vera religione. È una violenza, ma io mi sento ormai un borderline di certo cattolicesimo. Sto incrociando un altro sguardo, avvilente quanto demoniaco, che striscia e si nutre nei peggiori bassifondi curiali.

Intanto, il tratto caratteristico di quei reclutamenti vocazionali è la frattura che viene quasi sempre indotta con le famiglie e gli affetti di origine, genitori in primis.

È il tipico approccio delle sette e dei cosiddetti “gruppi costrittivi” l’isolamento e l’offerta di una “famiglia accogliente” e priva di conflitti.

Le potenziali “prede” vengono individuate con astuzia, insinuandosi nella microfrattura tra un autentico afflato spirituale e la difficoltà nelle relazioni con padri o madri, magari anche latenti. Qui scatta l’abuso psicologico, impalpabile e tremendo: non c’è più libertà, si amplia la divaricazione, cosicché scatta in qualche modo la sindrome di Stoccolma e diventa sempre più difficile liberarsi di quella prigionia. Silvia Romano non c’entra, è un’altra storia, ma mi ha fatto ragionare. È plagio, probabilmente. Violenza privata? Sulle ipotesi di reato valuteranno i giudici se procedere o archiviare, ma la questione ecclesiale mi appare ben più grave.

La gramigna del clericalismo

Ebbene, se il meccanismo dell’approccio (condito da una attenzione alle famiglie benestanti) viene studiato a tavolino da dei preti, e consapevolmente come sembrerebbe, c’è qualcosa di inquietante, che non ha nulla a che vedere con la “direzione spirituale”. Semmai, è la sua totale negazione. Qui c’è lo sguardo dell’antiCristo, il demonio che divide. Temo che abbiano quegli occhi anche un vescovo e un Consiglio episcopale (i suoi più stretti collaboratori) reticenti e omertosi, per motivi anche diversi e inconfessabili. E poi si nasconde tutto sotto il tappeto, proprio come per la pedofilia. Si insabbia. Provo una grandissima pena a scoprire questi intrecci nella Torino che ebbe come pastori grandi personalità quali i cardinali Michele Pellegrino e Anastasio Ballestrero. Ma tant’è. È orrendo pensarlo, ma è così.

Parlo con molte persone, sto ricevendo lettere e messaggi. Uomini e donne, giovani e anziani, che non provano livore contro la Chiesa, ma che ne sono profondamente ferite o deluse. Sacerdoti o religiosi, tormentati dalla paura di sapere e non aver detto pur sapendo. E il giornale della diocesi, La Voce e il tempo, dove avevo mosso i primi passi nella professione negli anni Ottanta, che fa finta di niente. Tutti consapevoli, badate, che esiste una comunità cristiana, non solo nella città dei santi sociali, che è un segno, che è una presenza silenziosa di veri valori evangelici umiliata da queste situazioni. Codardia? Opportunismo? Timore di ritorsioni?
E poi ci sono le famiglie coinvolte in quella vicenda, sprezzantemente definite dall’attuale arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia «contrarie alla vocazione» e che per questo stanno male. Molto male. Perché sono contrarie a quelle modalità, non alla scelta religiosa. Un’amica mi ha fatto leggera una mail ricevuta dalla segreteria del presule: chiedeva lumi sulla vicenda; le è stato risposto in modo felpato che basta la lettera mandata al clero da Sua Eccellenza otto giorni dopo l’esplosione del caso (e perché non poteva farne a meno). Una ammissione che il problema esiste, ma che va risolto tra preti e basta. Il Concilio Vaticano II, la corresponsabilità dei laici, la sinodalità? Tutte balle, non rompete le scatole, come osate?   

L’antiCristo e l’inutile fardello

Mi spiace deludervi, ma la penso proprio così. Sì, in queste creature c’è lo sguardo dell’Anticristo, del demonio che divide. Tutto è connesso. Pensiamoci: la vicenda delle messe da far ripartire – per quanto anche fondata – è purtroppo la cartina di tornasole di una Chiesa che sa di muffa acre, con molti sacerdoti in crisi esistenziale perché incapaci di costruire fiducia e relazioni se non predicando (male) dal pulpito. E che dire, poi, delle madri superiori di certi conventi che prendono pur di prendere? Sante donne – buone, ma stramaledettamente ingenue e impreparate – da farsi portare in braccio dal primo prete in talare che pontifica in latino e, benedetto lui, porta giovani da ogni dove; e con tutti che lo invidiano per la sua capacità di proselitismo, gelosoni. Ma l’Usmi, l’Unione delle superiori maggiori, non ha niente da dire in merito? Che cosa pensano di questi reclutamenti, talvolta in sospetto arrivo anche dai Paesi più poveri?

Questo è l’Anticristo che ci guarda

Tutto questo, in maniera viscida, carsica e dunque sotterranea, si lega agli inamidati monsignori e cardinali che strizzano l’occhio a Salvini e compagnia per manovrare contro Papa Francesco. Insieme ad Antonio Socci e al popolo dei blogger dei valori non negoziabili. Ecco l’inutile fardello di cui dovremmo liberarci. Il Vangelo è divisivo: o ci stai o non ci stai. E punta alla felicità dell’uomo, non alla sua costrizione. Sicuramente andrò avanti nell’inchiesta, sto raccogliendo altre informazioni. Con molta serenità, anche se non pochi mi hanno raccomandato di fare attenzione a toccare certe persone perché capaci di fare del male…

Mi ha confortato molto lo scambio con un teologo attento a queste vicende. Mi ha ricordato ciò che scriveva il cardinale John Henry Newman al duca di Norfolk: «La coscienza è l’originario vicario di Cristo, profetica nelle sue parole, sovrana nella sua perentorietà, sacerdotale nelle sue benedizioni e nei suoi anatemi; e se mai potesse venir meno nella Chiesa l’eterno sacerdozio, nella coscienza rimarrebbe il principio sacerdotale ed essa ne avrebbe il dominio».