Lupi e sciacalli del tradizionalismo cattolico continuano a ululare
10 Febbraio 2022
Lupi e sciacalli del tradizionalismo cattolico continuano a ululare. Dove eravamo rimasti? È un po’ che non scrivo su questo mio blog, ma riprendo da dove avevo lasciato. Dal post di diversi mesi or sono – addirittura del novembre 2020 – in cui ragionavo intorno a uno scisma emerso nella Chiesa cattolica. Da oggi quelle e altre riflessioni sono diventate un libro che ho scritto con la teologa Laura Verrani e che è pubblicato da TS Edizioni.
Lupi e sciacalli del tradizionalismo cattolico continuano a ululare. Lo dico perché – specialmente sul Web – si aggira lo scempio pietoso di monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio negli Stati Uniti, cheerleader con il sottanone di Donald Trump. Girovaga urbi et orbi con i suoi aberranti appelli a sostegno dei no vax e delle teorie cospirazioniste, con cui non perde occasione di attaccare il Concilio Vaticano II e Papa Bergoglio, con una pletora di adoranti seguaci. Ma non c’è solo lui.
Io penso che ognuno possa avere le sue idee, ci mancherebbe. Però è ora di finirla con il finto buonismo del preservare l’unità nella Chiesa, dicendo che in fondo ci possono stare tutti. Questo è falso, soprattutto quando vi sono posizioni ormai non più ricucibili. E che, alla fine, finiscono con il peggiorare la situazione. Per questo, con Laura Verrani, sosteniamo che bisogna chiamare le cose con il loro nome. Oltre vent’anni fa il compianto filosofo Pietro Prini aveva scritto «Lo scisma sommerso», saggio in cui rilevava la discrepanza tra l’insegnamento ufficiale – specie sul fronte dell’etica sessuale – e ciò che i sacerdoti dicono nel confessionale. Adesso siamo ben oltre.
Dal 2019 ho iniziato a occuparmi di una vicenda oscura che accade nella diocesi di Torino, con alcuni preti che “forzano” le vocazioni, soprattutto di ragazze, avviandole al monastero in maniera molto disinvolta. Un tempo c’era il reato di plagio. Adesso è più difficile incastrarli. Una denuncia alla magistratura è stata archiviata, ma l’arcivescovo Cesare Nosiglia (ormai ai suoi ultimi giorni prima del pensionamento) e i suoi più stretti collaboratori non hanno fatto sostanzialmente nulla, lasciando ancora scorrazzare questi reverendi con talari tradizionali e metodi border line. Persone mediocri e inadatte nel gestire una comunità: si dovranno però prendere tutta la responsabilità morale di nuovi brutti episodi che non tarderanno a emergere. Purtroppo. Un pessima gatta da pelare per il nuovo arcivescovo che Papa Francesco sta scegliendo in queste ore. Ma ne riparleremo. Lo annoto perché siamo partiti anche da questi fatti per ragionare intorno allo «scisma emerso».
Bose e i «cinghiali del relativismo»
Vorrei però spiegarvi perché scrivo che Lupi e sciacalli del tradizionalismo cattolico continuano a ululare. Me ne dà buon destro un librino che Aldo Maria Valli (giornalista del Tg1 convertito al pre-Concilio) ha scritto con don Nicola Bux (malmostoso teologo di fede ciellina) sulla brutta vicenda della Comunità di Bose. La Comunità monastica fondata da Enzo Bianchi, lo sappiamo, è dentro un guado difficile, lacerata da tensioni gestite malissimo dal Vaticano. Il librino, che ho acquistato in questi giorni, s’intitola «Il cambio della guardia. Bose ed Enzo Bianchi come esempio di transizione della nuova Chiesa» (Fede & cultura, Verona, 2022, euro 14).
Attaccano, con Bose, l’ecumenismo, la Chiesa del Vaticano II, le sue deviazioni dalla retta dottrina, il modernismo. Per quanto mi riguarda il libro non vale una cicca, mi ha irritato e basta. Detto questo, non ho nulla di personale contro Aldo Maria Valli. Ha le sue idee, benissimo. Ma non sopporto la falsa pacatezza di chi fa lo zuccheroso, scrive una letterina a Enzo Bianchi chiedendogli di convertirsi come lui (è in appendice), parla di Santa Messa, Santa Comunione e tutte le belle cose del Catechismo di Pio X. E poi ospita sul suo sito “Duc in altum” i peggiori deliri (per dire, avvicinando le posizioni di Governo italiano e Chiesa sulla pandemia alla propaganda del nazista Goebbels) e le peggiori frasi violente su Papa Francesco (magari scritte da altri qua e là nel mondo). Ma dai, su.
Come l’intervista che accompagna il lancio del librino, in cui Nicola Bux dice cosette tipo «Bose ci insegna che Jorge Mario Bergoglio incarna il principio di – si badi bene – contraddizione, come sanno bene i suoi ex fedeli di Buenos Aires. Infatti, senza la svendita del cattolicesimo da parte di pastori malformati e senza attributi, e papi che hanno tollerato l’equivoco, non ci sarebbe stato Bianchi né Bose. Così la vigna del Signore è stata devastata dai cinghiali del relativismo a tutti i livelli».
Dunque, dal momento che Bux parla di «cinghiali del relativismo», io mi sento autorizzato a parlare di «lupi e sciacalli del tradizionalismo», vista la furia con cui si sono gettati su Bose.